Macedonio Melloni

Dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti della sua città natale, le agiate condizioni economiche gli permisero di recarsi a Parigi per apprendere l’arte del disegno e incisione (1819), ma qui si dedicò allo studio della Fisica nella prestigiosa École Polytechnique (di Ampère, Laplace, Poisson, Fresnel).

Tornato a Parma, ottenne la cattedra di fisica teorico-pratica presso l’Università, diventandone titolare nel 1827. In quegli anni iniziò la sua amicizia e collaborazione con lo scienziato reggiano Leopoldo Nobili. Nel 1830 lodò, all’apertura del suo corso, il comportamento degli studenti nei moti rivoluzionari di Parigi, aggiungendo che era doveroso insorgere contro i tiranni e fu immediatamente destituito. Durante i moti rivoluzionari che nel 1831 investirono tutta Italia (e particolarmente i Ducati di Parma e di Modena) non fu estraneo alla rivolta e fu portato in trionfo dagli studenti insorti e chiamato a far parte del Governo Provvisorio. Nel marzo del 1831 l’ordine fu ristabilito dalle truppe austriache e Melloni riuscì a fuggire con una condanna del Governo Ducale restaurato. Anche Nobili dovette fuggire per analoghe ragioni ed i due fisici si ritrovarono a Parigi. Qui lavorarono molto al perfezionamento del termoscopio a pile termoelettriche (termomoltiplicatore), che Melloni applicò subito allo studio del calore raggiante.

Per motivi economici dovette accettare una cattedra di Fisica a Dôle, nella provincia francese, ma riuscì poi a trasferirsi a Ginevra, dove riprese i suoi studi con gli amici P. Prévost e A. de la Rive. Terminato uno dei suoi più importanti lavori sulla trasmissione del calore raggiante e incoraggiato dai suoi amici, si recò a Parigi per sottoporlo al giudizio dell’Académie (un eventuale giudizio positivo gli avrebbe permesso di ottenere una cattedra a Parigi), ma uno dei tre giudici (Poisson) dette parere decisamente negativo.

Fu questo un periodo di profonde amarezze, testimoniato da una commovente corrispondenza con Michael Faraday. Nel 1834 Faraday rifece le esperienze di Melloni davanti alla Royal Society e dopo che Melloni ebbe ottenuto (1834) la medaglia Rumford (una specie di Premio Nobel dell’epoca) su sollecitazione di Faraday, un’altra Commissione (composta ora dallo stesso Poisson, da Arago e da Biot) si riunì per riesaminare i suoi lavori, questa volta con risultati favorevoli. Inoltre il ministro della Pubblica Istruzione gli fece dono di una somma di 1200 franchi. Melloni commentava con amarezza rivolgendosi a Faraday: Debbo della riconoscenza a questi signori, e ne avrei… Ma i miei compatrioti osservano che tutto ciò arriva dopo il premio della Royal Society

Vennero altri riconoscimenti dall’Accademia di Francia, da Pietroburgo, da Stoccolma e da Berlino. Le sue scoperte si diffusero presto negli ambienti scientifici e non scientifici, grazie anche all’introduzione delle sue teorie in moltissimi libri di testo di tutto il mondo.

Egli usò la fama scientifica conquistata per riuscire ad ottenere un lavoro in Italia (grazie anche all’interessamento di Arago e di von Humboldt). Nel 1838 arrivò l’amnistia del governo di Parma, ma non volle ritornare nel Ducato e preferì accettare il posto di direttore del Conservatorio d’Arti e Mestieri a Napoli. Qualche anno dopo (1843) si sposò con l’inglese Augusta Brugnel Philipson, dalla quale ebbe tre figlie, una delle quali morì giovanissima. Nel 1847 completò la fondazione dell’Osservatorio Meteorologico sulle falde del Vesuvio, del quale fu nominato direttore. Ma di nuovo la politica era al centro dei suoi interessi e per il suo coinvolgimento nei moti liberali del 1848 fu rimosso da tutte le cariche pubbliche. Tuttavia, per i suoi meriti scientifici, gli fu concesso il domicilio coatto nella sua Villa Moretta a Portici, dove continuò i suoi studi sulle proprietà dell’energia radiante, ottenendo importanti risultati. Nel 1853 ancora scriveva a Faraday inviandogli dei lavori. Un anno dopo moriva durante l’epidemia di colera.

Melloni può essere considerato il fondatore della fisica della radiazione infrarossa. Egli sostenne e difese, con magistrali esperienze, la concezione secondo la quale la luce, la radiazione chimica (l’ultravioletto) e la radiazione oscura (l’infrarosso) non sono altro che manifestazioni diverse di uno stesso fenomeno; nel far questo aderì alla teoria ondulatoria della luce (la differenza fra i vari tipi di radiazione sta proprio nella lunghezza d’onda). Per portare a termine le esperienze a sostegno della sua teoria si servì del "termomoltiplicatore" (pila termoelettrica) che egli stesso realizzò. Questo strumento, collegato ad un apparato di misura di piccolissime correnti (il galvanometro di Nobili) è in realtà un termometro sensibilissimo. Esso è realizzato a partire dall’effetto Seebeck con modifiche sostanziali (aumento del numero di giunzioni, scelta della coppia di metalli più opportuna – antimonio e bismuto) che resero questo termometro così sensibile da rilevare il calore del corpo umano a decine di metri di distanza.

Con il termomoltiplicatore Melloni riuscì a studiare svariati fenomeni e in particolare: la diffusione dei "raggi calorifici" per uno stesso corpo e per diverse sorgenti di calore; che l’azione riscaldante di un centro d’irraggiamento decresce in ragione del quadrato della distanza; che i raggi calorifici seguono un cammino rettilineo, "istantaneo"; che i raggi calorifici, come la luce, riescono ad attraversare svariate sostanze e sono soggetti a riflessione e rifrazione; che la luce diretta delle fiamme e dei corpi roventi è sempre accompagnata da una certa quantità di radiazione oscura; che questa radiazione oscura ha uno spettro analogo a quello dei colori della luce; che la radiazione calorifica può essere polarizzata come la luce; che non vi è luce senza calore (la luce fredda rimane esclusa dalla scienza); che i raggi della Luna sono "caldi". Realizzò l’analisi calorifica dello spettro solare sia nel visibile che nell’infrarosso, inoltre inventò il magnetoscopio ed un elettroscopio di elevatissima sensibilità, migliorò la sensibilità del galvanometro con svariati accorgimenti, studiò il magnetismo delle lave e delle rocce.

Melloni rielaborò i suoi studi principali negli anni napoletani pubblicandoli nel 1850 (in francese) nell’opera, rimasta però incompiuta, La Thermochróse (ou la coloration calorifique), ristampata dall’editore Zanichelli nel 1954, in occasione del centenario della morte di Melloni (Congresso SIF di Parma sull’infrarosso).