Ludwig Boltzmann

Studiò alle scuole superiori a Linz, dove il padre, impiegato delle imposte, aveva trasferito la famiglia, poi all’Università di Vienna, dove ottenne il dottorato nel 1866 con una tesi sulla teoria cinetica dei gas. Supervisore di tesi era Josef Stefan, del quale divenne assistente subito dopo il dottorato. Insegnò a Graz, ad Heidelberg e a Berlino e in queste sedi conobbe e studiò con Bunsen, Kirchhoff e Helmholtz.

Nel 1869 ottenne la cattedra di fisica teorica a Graz e, nel 1872, pubblicò il primo dei suoi lavori sulla meccanica statistica, dove dimostra la distribuzione di Maxwell per le velocità delle molecole di un gas e introduce una funzione H legata all’entropia, dimostrando su basi meccaniche il secondo principio della termodinamica (teorema H di Boltzmann).

Nel 1873 fu chiamato alla cattedra di matematica a Vienna, dove si occupò di teoria dell’elasticità, ma dopo tre anni, incapace di stare a lungo nello stesso posto, ritornò a Graz, questa volta sulla cattedra di fisica sperimentale. Per scherzo usava dire che si spostava così spesso perché era nato durante il ballo di un martedì grasso ma, in realtà, la sua natura irrequieta lo faceva passare rapidamente da periodi di felicità a periodi di profonda tristezza. Psicologicamente soffriva di una alternanza di depressione, espansività e irritabilità. Il suo aspetto fisico si conciliava con la sua personalità: basso e robusto, con capelli ricci.

In quell’anno, un articolo di Loschmidt criticava il suo lavoro del 1872 (paradosso di Loschmidt o della reversibilità) e Boltzmann replicò prendendo atto che la spiegazione del secondo principio poteva essere data solamente su basi probabilistiche. Nello stesso anno pubblicò un lavoro (Fondamenti probabilistici della teoria del calore) nel quale rivede tutta la materia ed introduce la distribuzione di Boltzmann e la funzione di probabilità W, ottenendo il legame tra questa e l’entropia, S = k log W (la formula fu scritta esplicitamente in questa forma da Planck, che introdusse anche il nome di costante di Boltzmann per la k).

Dopo tre anni si trasferì di nuovo a Vienna, sulla cattedra di fisica teorica rimasta vacante dopo la morte del suo maestro Josef Stefan. In quegli anni formulò la cosiddetta ipotesi ergodica e, nel 1884, fornì una derivazione teorica della legge stabilita da Stefan nel 1879 sulla dipendenza dalla temperatura della radiazione emessa da un corpo nero (legge di Stefan-Boltzmann).

Nel 1887 gli fu offerto il posto di successore di Helmholtz a Berlino, ma oscillò nella decisione ed alla fine rinunciò per le sue difficoltà psicologiche, accentuate dalla morte del figlio maggiore.

Nel 1890 accettò una cattedra di fisica teorica a Monaco e, dopo quattro anni, tornò a Vienna, accolto con tutti gli onori come il più grande fisico austriaco. L’anno successivo arrivò alla cattedra di storia e filosofia della scienza Ernst Mach, suo grande oppositore scientifico – in particolare sull’esistenza non provata degli atomi – col quale aveva anche pessimi rapporti personali. Per questo, nel 1900, decise di trasferirsi a Lipsia, dove aveva per collega il suo più grande rivale scientifico, Wilhelm Ostwald, leader della corrente ‘energetista’, col quale però i rapporti personali erano buoni. Non resse, tuttavia, i contrasti e le discussioni scientifiche con Ostwald e tentò il suicidio. Con Ostwald si era confrontato nel 1895 ad un convegno a Lubecca e la sua linea, che esprimeva dubbi sulla possibilità di riprodurre tutta la meccanica in termini di nozioni energetiche, risultò vincitrice agli occhi dei giovani fisici presenti (come testimoniò più tardi Sommerfeld) ma, come disse Planck “a quell’epoca era vano tentare di contrastare i vari Ostwald, Helm, Mach”. A queste diatribe si accompagnò una nuova critica alla sua teoria probabilistica, ad opera di Zermelo, assistente di Planck a Berlino, che si rifaceva a lavori di Poincaré (teorema di ricorrenza). Nella sua replica, Boltzmann si pose il problema di rendere conto dell’apparente unidirezionalità del mondo (freccia del tempo) e ipotizzò universi paralleli. Questi temi, sull’evoluzione termodinamica dell’universo, furono ripresi da Jeans, Eddington e da moderne ipotesi cosmologiche (p.es. in Gold, Linde e altri).

Le sue idee sulla termodinamica statistica furono raccolte nelle Lezioni sulla teoria dei gas, che costituirono la formazione in meccanica statistica p.es. di Einstein.

Nel 1901, Mach si ritirò per motivi di salute e quindi Boltzmann poté tornare a Vienna sulla sua cattedra, che non era stata nel frattempo occupata, e ottenne, in aggiunta al suo corso di fisica matematica, anche l’insegnamento di filosofia della scienza che era stato di Mach. Le sue lezioni di filosofia divennero così popolari che ben presto non vi fu un’aula sufficiente per contenere l’uditorio e furono raccolte nel libro Populäre Schriften (tr. it. Modelli matematici, fisica e filosofia: scritti divulgativi, Bollati Boringhieri, Torino, 1999).

Nel 1904, fu invitato alla Fiera Universale di Saint Louis negli Stati Uniti, dove tenne conferenze di matematica applicata e poi visitò Berkeley e Stanford. Non si accorse che le nuove scoperte sulla radioattività, delle quali venne a conoscenza durante la sua visita, confermavano le sue teorie. Al suo ritorno raccontò le sue esperienze nel saggio Viaggio di un professore tedesco all’Eldorado (Ibis, 1993).

Nel 1906, durante una vacanza con la famiglia nella baia di Duino, vicino a Trieste, si suicidò mentre la moglie e la figlia facevano il bagno. La causa del suicidio fu attribuita alla non accettazione delle sue teorie, anche se, pur non avendo mai chiarito le cause del suo gesto, sembra che fosse in un periodo di profonda depressione causato dai suoi disturbi mentali.

Sulla sua tomba, nel cimitero di Vienna, è stata incisa la formula S = k log W, che rappresenta la sua più grande eredità, interpretando l’entropia come misura della probabilità di uno stato microscopico, e che ha ricevuto applicazioni nei più svariati campi, dalla teoria dell’informazione alla meteorologia.