Pierre-Gilles De Gennes

Perde il padre, un medico, all’età di 9 anni e per problemi di salute passa l’infanzia a Barcellonette, un paese dell’Alta Provenza, ricevendo la prima istruzione dalla madre, infermiera, fino agli 11 anni.

A 13 anni lascia la Francia per Bristol, per imparare l’inglese, e grazie ad amici comuni conosce Giuseppe Occhialini che gli mostra foto di traiettorie di raggi cosmici, spiegando che si tratta di particelle elementari; è il suo primo incontro con la scienza.

Entra al Liceo Saint-Louis, dove studia matematica, fisica e biologia per preparare l’esame di ammissione all’École Normale Supérieure dove è ammesso nel 1951. Qui ha come insegnanti i famosi fisici Yves Rocard, Alfred Kastler e Pierre Aigrain. Nel 1953 partecipa alla scuola estiva di Les Houches dove è affascinato dall’atmosfera informale e dalle storielle raccontate da Shockley, l’inventore del transistor.

Nel 1955 si laurea in fisica e lavora come ricercatore al Commissariato per l’Energia Atomica (CEA), dove ottiene il dottorato con una tesi sulla diffusione dei neutroni nel 1957.

Nel ’59 si reca all’Università di California a Berkeley nel gruppo di Charles Kittel. Dal 1971 è professore all’Università di Parigi XI a Orsay poi al Collège de France sulla cattedra di Materia condensata. In questo periodo inizia a lavorare sui polimeri (per l’americana Exxon) e nasce la fisica della ‘materia molle’ col progetto STRASCOL (una collaborazione tra Strasburgo, Saclay e Collège de France). Nel 1976 assume anche la carica di Direttore della ‘Scuola superiore di fisica e chimica industriale della città di Parigi’ (ESPCI) che terrà fino al 2002.

Qui inizia studi fondamentali sui fenomeni ordinati nei materiali complessi che gli varranno la nomina all’Accademia delle Scienze nel 1979 e la fama di pioniere degli studi sulla ‘materia molle’. Per i suoi contributi in campi come il magnetismo, superconduttività, polimeri, cristalli liquidi, e altri gli è stato assegnato il Premio Nobel del 1991 e alcuni membri dell’Accademia delle Scienze di Stoccolma lo definirono “Newton dei tempi nostri”, qualifica che declinò affermando che “la statura di Newton era inferiore a quella dei fisici del nostro tempo”.

Per primo affrontò i problemi delle transizioni ordine-disordine nei sistemi complessi come i polimeri, i gel, i cristalli liquidi e più recentemente la materia granulare, sensibile anche alle applicazioni industriali, anche se negli anni ’80, pur essendo all’avanguardia nella ricerca sui cristalli liquidi, non brevettò nulla e si vide superare dai giapponesi nel campo degli schermi a cristalli liquidi.

Progressivamente introdusse tra i campi di ricerca dell’ESPCI, che era stata la sede di lavoro di Pierre e Marie Curie e Paul Langevin, prima la chimica-fisica poi anche la biologia e ultimamente si interessò anche ai meccanismi cellulari, specialmente quelli interessanti la memoria, presso l’Istituto Curie.

Il suo interesse per i sistemi complessi, per la materia granulare e i fenomeni di adesione, percolazione e altri lo portò a studiare i processi che riguardano la preparazione e la struttura dei cibi, creando la scienza della “gastronomia molecolare”, poi sfociata nella “cucina molecolare”, che attualmente conta parecchi seguaci tra scienziati e cuochi.

Aveva una grande abilità di visualizzazione e di schematizzazione che trasferiva anche nei suoi hobby preferiti: la pittura e il disegno. Amava anche scrivere e la cura per la calligrafia si notava nelle lavagne di note che tappezzavano il suo studio. Nelle conferenze e lezioni rifiutava di usare il proiettore o la lavagna luminosa con lucidi preparati precedentemente.

Oltre all’attività di ricerca dedicò gran parte del suo tempo all’insegnamento e a diffondere, nelle sue numerose visite a scuole superiori e licei, il suo entusiasmo per la scienza. Dopo il Nobel, dal ’92 al ’96 visiterà più di 200 scuole in Francia, evitando il linguaggio accademico e specialistico e rifiutando di rispondere a domande ‘troppo astratte’, criticando l’insegnamento troppo teorico e raccomandando agli insegnanti di curare gli aspetti applicativi e pragmatici.

Le sue riflessioni su questi incontri sono raccontate nel libro Les objets fragiles, (Plon, Parigi, 1994).

Si battè contro la dissipazione di fondi pubblici in progetti che riteneva poco affidabili come il programma nucleare ITER e il reattore Superphénix, e a favore di progetti umanitari specialmente per i diritti dell’infanzia.

Ottenne importanti riconoscimenti come il Premio Holweck dalle Società di Fisica francese e inglese, il premio Ampère dall’Accademia francese delle Scienze, la medaglia Matteucci da quella italiana, il Premio Wolf da Israele nel 1989 e vari altri.

Nel 2007, il 24 gennaio, ha ricevuto il premio Roberval per l’insegnamento per il suo libro Gouttes, bulles, perles et ondes scritto con David Quéré e Françoise Brochard-Wyart.

Era membro della Royal Society, della Accademia Nazionale delle Scienze e dell’AAAS dell’USA, di quella olandese.

Oltre ai libri citati ha scritto fondamentali trattati sui cristalli liquidi, sui superconduttori, sui polimeri, sulla materia condensata (Simple Views on Condensed Matter, World Scientific Publ., 1998) e il libro satirico Petit Point (Le Pommier, 2002).

Per il suo senso dello humour accettò, insieme all’amico e anch’esso Premio Nobel Georges Charpak, una piccola parte di minatore di pechblenda nel film di Claude Pinoteau Les Palmes de M.Schutz dedicato a Marie Curie.

Grande amante dell’arte, visitava spesso e volentieri l’Italia dove vantava molti collaboratori e soprattutto amici.