Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz

Il padre Ferdinand, che aveva combattuto nelle armate prussiane contro Napoleone, laureato in filosofia, insegnava presso il Gymnasium di Potsdam malpagato, per cui Hermann, primogenito di quattro fratelli, fu allevato in grandi difficoltà finanziarie. Il padre tuttavia aveva gusti artistici e da lui egli ereditò un grande interesse per l’arte e la musica.

Frequentò la scuola nella quale il padre insegnava, interessandosi subito alla fisica che intendeva studiare all’università, ma per iscriversi aveva bisogno di una sovvenzione dal governo, che poteva invece avere per medicina. Si iscrisse quindi a medicina, nel 1838, presso il Friedrich-Wilhelm Institute di Berlino con l’impegno, in cambio del sussidio, di lavorare per dieci anni dopo la laurea come medico nell’esercito prussiano. Poteva frequentare, trovandosi a Berlino, anche corsi all’Università di chimica e fisiologia, ma stranamente, anche se in seguito darà notevoli contributi in matematica, non frequentò corsi di matematica, studiando invece per suo conto le opere di Laplace, Biot e Daniel Bernoulli, così come opere di filosofia, specialmente di Kant.

Nella sua tesi di laurea del 1843 rifiutò la strada intrapresa dalla fisiologia all’epoca, quella delle forze vitali, cercando invece di ricondurla alle sue basi fisiche e chimiche. Dopo la laurea prese servizio in un reggimento militare a Potsdam, ma continuò a fare ricerca, specialmente per ribadire che il funzionamento dei muscoli seguiva principi fisici e chimici e che se ci fossero state “forze vitali” sarebbe stato possibile il moto perpetuo.

Queste idee le pubblicò nel 1847 nel lavoro “Über die Erhaltung der Kraft”, nel quale espose il principio di conservazione dell’energia (da lui allora, come era uso, chiamata “forza”, anche se nel 1880 parlerà apertamente di costanza dell’energia) usando argomentazioni fisiche e filosofiche e basandosi sui lavori di Sadi Carnot, Clapeyron, Joule e altri. Partendo da considerazioni filosofiche mostrò che il lavoro non può prodursi continuamente dal nulla e che quando l’energia sembra persa vi è sviluppo di calore, come negli urti, nell’espansione di un gas, nella contrazione muscolare, ecc. Molti altri esempi sono presi anche dall’elettrostatica ed elettrodinamica.

L’importanza di questo lavoro fu subito evidente e l’anno seguente fu esentato dai suoi obblighi di medico militare e accettò la cattedra di fisiologia a Königsberg (ottenuta grazie a Alexander von Humboldt), dove si recò dopo aver sposato Olga von Velten, nel 1849.

A Königsberg pubblicò importanti lavori di ottica e acustica fisiologica e per l’invenzione dell’oftalmoscopio, nel 1851, la sua fama divenne internazionale. Nel 1852 pubblicò la sua teoria della visione dei colori nella quale rigettava apertamente la teoria di Goethe (e le idee di Schelling ed Hegel) e criticava alcune parti della teoria dei colori di Newton e Young. Il lavoro fu criticato da Maxwell e tre anni dopo, sempre pronto ad ammettere i suoi errori, nel suo Handbook of physiological optics pubblicò nuovi risultati sperimentali che correggevano i dati del 1852.

Nel 1853 visitò la Gran Bretagna e strinse amicizia con William Thomson (Lord Kelvin), però le cose andavano male a Königsberg per i contrasti con Franz Neumann, professore di fisica che gli contestava la priorità di alcune sue idee, e per il clima freddo che non si addiceva alla cagionevole salute della moglie.

Ottenne quindi di trasferirsi a Bonn, alla cattedra vacante di anatomia e fisiologia, e qui pubblicò un importante lavoro sul moto dei fluidi ideali trattato matematicamente con metodi topologici, che non attirò subito l’attenzione, ma influenzò più tardi Tait e Kelvin.

Nel 1854 affrontò in una conferenza un tema molto controverso e dibattuto, quello dell’origine dell’energia solare, calcolando in base alle sue idee l’età del Sole nell’ordine del milione di anni (in seguito Kelvin con ragionamenti analoghi la calcolò in qualche decina di milioni di anni), stima sbagliata, ma che introduceva l’idea di una “età” e di una “evoluzione” per le stelle. Nella stessa conferenza si poneva il problema della “degradazione” dell’energia nella vita dell’universo e della irreversibilità dei processi termodinamici, ripreso dal Clausius nel 1856 (formulando il secondo principio della termodinamica).

Anche a Bonn tuttavia sorsero problemi, perché la sua cattedra comprendeva l’anatomia e ci furono lamentele al Ministro dell’Istruzione perché le sue lezioni erano alquanto lacunose in questa materia nella quale, si sosteneva, era incompetente. Reagì duramente a tali critiche, che riteneva venissero da tradizionalisti che non accettavano il suo approccio meccanicista, così, quando nel 1858 gli fu offerto un posto ad Heidelberg con la promessa di allestire un nuovo Istituto di fisiologia, accettò.

Nel 1859 morì la moglie, che era stata sempre di salute precaria, ed essendo rimasto con due figli piccoli si risposò con Anna von Mohl, figlia di un altro professore di Heidelberg, attraente e molto più giovane di lui, dalla quale avrà altri tre figli.

Nel 1862 propose un lavoro sulla teoria musicale e sulla percezione del suono (“La dottrina della percezione dei toni come fondamento per una teoria della musica”) nel quale egli, che era anche un provetto musicista, fece uso dell’analisi in serie di Fourier e formulò una teoria della risonanza uditiva (risuonatori di Helmholtz), che spiegava le leggi dell’acustica fisiologica proposte nel 1843 da Ohm.

Nel 1866 si accostò sempre più alla fisica abbandonando la fisiologia e quando si rese vacante la cattedra di fisica a Berlino si candidò insieme a Kirchhoff, considerato più affidabile come insegnante. Kirchhoff tuttavia rifiutò e nel 1871 il posto andò a lui, che poté negoziare il salario ed ottenne la costruzione di un nuovo istituto di fisica.

Da lì in poi si occupò di elettrodinamica, discutendo la compatibilità della teoria di Weber con la conservazione dell’energia e aprendo un acceso dibattito che si concluse senza vincitori, con l’accettazione negli anni ’80 della teoria elettromagnetica di Maxwell.

Tentò anche una formulazione della termodinamica in termini meccanici e la derivazione delle equazioni di Maxwell dal principio di minima azione, fedele al suo ideale di cercare i grandi principi unificanti le leggi di natura, prima il principio di conservazione dell’energia, ora quello di minima azione.

Si interessò anche dei fondamenti della geometria, dopo una lezione di Riemann, in particolare delle geometrie non-euclidee, cercando di trovare motivazioni fisiche per un particolare modello geometrico.

Nel 1881, commentando le leggi di Faraday sull’elettrolisi, suggerì l’idea di un “atomo di elettricità” che anticipa l’idea di elettrone. Tra i suoi allievi di Berlino vi furono Boltzmann, Wien, Michelson, ma soprattutto fin dalle prime lezioni riconobbe le attitudini di Heinrich Hertz al quale affidò lo sviluppo di molte sue idee nel campo dell’elettromagnetismo e che fu influenzato moltissimo dal suo pensiero in tutta la sua carriera.

Nel lavoro “La termodinamica dei processi chimici” del 1882, trattando le reazioni endotermiche, propose di distinguere, nelle reazioni chimiche, l’energia “legata” e quella “libera”, introducendo l’energia libera di Helmholtz (o funzione di Helmholtz, F = U – TS).

Nel 1885 era ormai il patriarca della scienza tedesca e importante consigliere dello Stato per la ricerca scientifica, trasformando le università da istituzioni pedagogiche a istituti di ricerca, ed esercitò un influsso duraturo sullo sviluppo della scienza tedesca, dalla seconda metà dell’Ottocento in poi. Come il suo amico Lord Kelvin, fu l’ultimo scienziato capace di spaziare in numerose discipline, dalla fisiologia alla chimica, alla fisica sperimentale e teorica, alla matematica, alla meteorologia, alla musica e alla filosofia. Il suo prestigio presso il Kaiser e le sue importanti conoscenze (Werner von Siemens ne aveva sposato una figlia) contribuirono anche allo sviluppo dell’industria elettrotecnica tedesca e si disse che era l’uomo più illustre dopo l’Imperatore e Bismarck.