Franco Rasetti

Nato a Pozzuolo Umbro, frazione di Castiglione del Lago (PG), i genitori lo chiamano Franco, Dino e Rama, nome questo voluto dallo zio, Gino Galeotti, professore di patologia a Cagliari, Siena e Napoli, in omaggio ai suoi viaggi in India per studiare la peste.

Il padre Giovanni Emilio, professore di Agricoltura ed entomologo, era titolare della cattedra ambulante di Agricoltura dell’Università di Pisa, una forma di insegnamento itinerante rivolta ai proprietari terrieri. Anche la madre Adele Galeotti era appassionata di insetti, soprattutto farfalle che disegnava con perizia, avendo studiato pittura a Firenze con Giovanni Fattori.

Fin da piccolo quindi si appassionò all’entomologia ed arricchì la collezione di insetti paterna, pubblicando anche nel 1919 insieme al padre un articolo nel bollettino "Entomologia d’Italia".

Con lo zio Gino, appassionato alpinista, trascorse vari periodi di vacanza in estate al Col d’Olen, nel gruppo del Monte Rosa, dividendo il proprio tempo tra le scalate e l’attività di portatore di strumenti per le ricerche che vi si svolgevano sulla fisiologia in quota e sulla glaciologia. La passione per l’alpinismo si protrasse per tutta la vita, condivisa con alcuni altri del gruppo di Via Panisperna, per i quali, come ricorda Gianni Battimelli, ‘il rapporto con la montagna era qualcosa di più signifi­cativo di quanto non si sarebbe portati a credere. Nelle loro liste di ascensioni figurano grandi classiche dell’arco alpino, e arrampicate dolomitiche di quarto gra­do, e stiamo parlando di studenti romani senza guida, negli anni venti’.

Non frequentò le scuole elementari, venendo educato in famiglia, e facendosi notare per la prodigiosa memoria e per il suo interesse per la botanica.

Nel 1911 entrò al ginnasio e consegui la licenza liceale nel 1918, con la media dell’otto, ma un sette in fisica lo convinse a studiare proprio ‘… la materia che a scuola capivo di meno e mi misi in testa di venirne a capo’.

Fu ammesso all’Università di Pisa nel 1918, all’età di 17 anni, iscritto ad Ingegneria, ma passò a Fisica all’inizio del 3° anno, convinto dall’amico Enrico Fermi dal quale imparò … molta più fisica che dai professori.

Luigi Puccianti, Direttore del laboratorio di fisica, guiderà con importanti insegnamenti nel campo della Spettroscopia gli studenti iscritti al Dipartimento di Fisica di Pisa e cioè Franco Rasetti, Enrico Fermi e Nello Carrara, ma soprattutto lascerà loro tutto quello che serviva per i loro esperimenti, dandogli le chiavi della biblioteca e del laboratorio.

Si laureò con lode nel 1922, discutendo una tesi sulla "Dispersione anomala nei vapori dei metalli alcalini". Appena laureato ottenne un posto da assistente all’Istituto Fisico dell’Università di Firenze ad Arcetri, diretto da Antonio Garbasso, dove continuò le ricerche di spettroscopia atomica e nel 1925 fu raggiunto dall’amico Fermi, inviato da Corbino con l’incarico di Fisica Matematica.

Nel 1927 fu chiamato da Orso Mario Corbino come aiuto all’Istituto Fisico all’Università di Roma, dove Fermi aveva ottenuto la cattedra di Fisica teorica.

Nel 1928 si recò presso il California Institute of Technology, dove lavorò in particolare sull’effetto Raman, recentemente scoperto. Grazie a quelle ricerche, che fornivano indicazioni sul momento magnetico e sullo spin della molecola di azoto, divenne chiaro che il vecchio modello del nucleo atomico come un insieme di protoni ed elettroni (i neutroni verranno scoperti solo nel 1932) non era più accettabile. Fu la svolta che indusse il gruppo di Fermi e molti altri fisici in Germania, Regno Unito e Stati Uniti a cambiare strada e a rivolgersi alla fisica del nucleo.

Nel 1930, dopo avere vinto il concorso a cattedre di Fisica Sperimentale fu chiamato da Corbino come professore di Spettroscopia a Roma, dove restò fino al 1939.

Nel 1931 Rasetti si recò al Kaiser Wilhelm Institut di Berlino-Dahlem, grazie ad una borsa di studio della Fondazione Rockefeller, dove lavorò sui neutroni nel laboratorio di Lise Meitner e Otto Hahn, per apprendere i metodi di preparazione delle sorgenti radioattive e le tecniche di rilevazione. All’università di Berlino conobbe anche Albert Einstein.

Questa sua esperienza in Germania gli darà la capacità di costruire strumenti raffinati ed efficienti, messa poi a frutto a Roma nel gruppo guidato da Enrico Fermi, con Emilio Segrè, da lui convinto a lasciare Ingegneria, Ettore Majorana e Edoardo Amaldi, ai quali successivamente si unirono Bruno Pontecorvo, il chimico Oscar D’Agostino e Ugo Fano: i ragazzi di Via Panisperna. Nel gruppo lui era il Venerato Maestro.

Nel settembre 1934 Amaldi e Segrè, reduci da un soggiorno estivo al Cavendish Laboratory di Cambridge, cominciarono ad irraggiare metalli con neutroni, come avevano visto fare nel laboratorio inglese, con primi risultati incoraggianti come riferirono a Fermi che decise di eseguire di persona le misurazioni e nacquero così i fondamentali lavori sulla ‘Radioattività indotta da bombardamento di neutroni’.

Nel 1935-36 passò un anno alla Columbia University di New York, per ricerche sui neutroni lenti e probabilmente maturò la decisione di lasciare l’Italia.

Dopo l’emanazione delle leggi razziali, nel 1938 Fermi aveva lasciato l’Italia per gli Stati Uniti, dopo avere ritirato a Stoccolma il Premio Nobel, ed anche Rasetti, pur non essendo ebreo, ma ritenendo che uno spirito libero non poteva restare in Italia, nel 1939 decise di accettare l’incarico di professore all’Università Laval a Québec in Canada, creando un laboratorio di fisica nucleare e raggi cosmici, dove riuscì nel 1941 a misurare la vita media dei muoni, da lui definiti ‘elettroni pesanti’.

Rifiutò nel 1943 di collaborare con gli scienziati inglesi trasferitisi a Montreal per un progetto di sviluppo dell’energia nucleare a fini militari che poi confluirà nel Progetto Manhattan a Los Alamos, dove dal 1944 l’amico Fermi era diventato uno degli uomini chiave.

Negli anni dopo la guerra così ricordò la sua scelta di campo e il suo progressivo isolamento dal resto della comunità internazionale dei fisici: dopo una approfondita riflessione declinai l’offerta; ci sono poche decisioni prese nel corso della mia vita per le quali ho avuto un minor motivo di rimpianto. Ero convinto che nulla di buono avrebbe potuto scaturire da nuovi e più mostruosi mezzi di distruzione e gli eventi successivi hanno confermato in pieno i miei sospetti. Per quanto perverse fossero le potenze dell’Asse, era evidente che l’altro fronte stava sprofondando in un livello morale (o immorale) simile nella condotta della guerra…

Criticò pesantemente le opposte scelte di altri scienziati, molti dei quali erano stati suoi amici: Pare quasi impossibile che persone che una volta consideravo dotate di un senso della dignità umana si prestino ad essere lo strumento di queste mostruose degenerazioni. Eppure è proprio così e sembra che neppure se ne accorgano. Tra tutti gli spettacoli disgustosi di questi tempi ce ne sono pochi che eguaglino quello dei fisici che lavorano nei laboratori sotto la sorveglianza militare per preparare mezzi più violenti di distruzione per la prossima guerra, scrive all’amico Enrico Persico e questi pesanti giudizi finirono per alienargli le simpatie di molti amici e colleghi.

E ancora scrive: Devo ammettere che scoprire i segreti della Natura è tra le cose più affascinanti che ci possano essere. Ma può darsi che qualcosa sia insieme molto affascinante e molto pericoloso… Penso che gli uomini dovrebbero interrogarsi più a fondo sulle motivazioni etiche delle loro azioni. E gli scienziati, mi dispiace dirlo, non lo fanno molto spesso…

Con una drastica scelta, dopo Hiroshima spostò il suo impegno verso quelli che erano sempre stati suoi grandi interessi al di fuori della fisica, gli studi naturalistici, diventando in breve uno dei massimi esperti mondiali di paleontologia del periodo Cambriano, studiandone la flora e la fauna e sviluppando una conoscenza di livello mondiale sui Trilobiti, con importanti lavori sulla fauna Cambriana delle Montagne Rocciose Canadesi, di alcune aree degli Stati Uniti e anche dell’Italia, in particolare della Sardegna.

Nel 1947 accettò la cattedra alla Johns Hopkins University di Baltimora, Maryland, dove insegnò oltre a fisica anche geologia, paleontologia, entomologia e botanica.

Tornato in Italia nel 1967 sviluppò la sua passione per la fotografia naturalistica, unita a quella per la montagna e l’alpinismo, che raggiunse forse il suo apice nella realizzazione della ricchissima collezione di diapositive dell’arco alpino, servite tra l’altro alla realizzazione del libro I Fiori delle Alpi (Accademia dei Lincei, 1980) che è forse il compendio di flora alpina più completo. Per esempio contiene l’unica foto della fioritura della rara "Saxifraga florulenta", descritta per la prima volta nel 1824 e mai più ritrovata, tanto che fu creduta una pianta leggendaria.

Nel 1977 si trasferì in Belgio a Waremme, paese natale della moglie Marie Madeleine Hen­nin, che aveva sposato nel 1949 a Baltimora, continuando a viaggiare e a fotografare flora, ma nel 1986 il primo episodio della malattia lo costrinse a limitare le sue passeggiate, e l’anno successivo scriveva: … non posso più guidare l’automobile, e vivacchio alla meglio, sperando in una fine abbastanza prossima di una vita che non vale più la pena di prolungarsi troppo…

Si è spento in una casa di riposo, a 100 anni e tre mesi, lasciando la moglie e i due figli di lei, Robert e Nicole. Tra le tante lettere di cordoglio anche quella del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Le sue ceneri sono tumulate dal 2002 nella cappella di famiglia presso il cimitero di Pozzuolo Umbro.

Aveva ricevuto importanti riconoscimenti quali il premio Alaovites in Marocco nel 1934 per la fisica dei neutroni, la medaglia Walcott assegnata dalla National Academy of Sciences nel 1953 per "il suo contributo alla paleontologia del Cambriano". Un importante riconoscimento postumo lo ottenne nel 2003 a Perugia dalla Chiesa Cattolica Italiana, come "Uomo di Pace".

Nel 2007 si è costituita l’associazione "Franco Rasetti" con sede a Pozzuolo Umbro, e sono stati a lui intitolati gli istituti scolastici di Castiglione del Lago, la centrale elettrica Enel di Pietrafitta in provincia di Perugia, così come un’aula del Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma "La Sapienza". A Palazzo Moretti di Pozzuolo Umbro è stato realizzato un archivio storico, con una mostra permanente, dedicato alla sua opera.

Sono ben consapevole che la geologia e la paleontologia non hanno l’alto rango della fisica nella gerarchia delle creazioni dell’intelletto umano. Io apprezzo il supremo valore estetico della relatività generale e della meccanica quantistica, e ammiro le menti umane che sono riuscite ad esprimere una infinità di fenomeni in poche ed eleganti equazioni matematiche. Invece, per ricostruire la storia della terra e l’evoluzione della vita, occorre un’immensa massa di osservazioni pazienti. Per me comunque, la contemplazione delle meraviglie della natura, una montagna, un fiore, un insetto, un fossile, non mi hanno dato minor piacere che ammirare le creazioni della nostra mente fisica e matematica.