Antonio Pacinotti

Figlio maggiore di Luigi Pacinotti (1807-1891) professore di Fisica Sperimentale, poi Fisica Tecnologica, a Pisa dal 1831 al 1881, primo di 11 fratelli. A soli 15 anni iniziò gli studi di fisica e matematica all’Università dove insegnava il padre e a 17 anni cominciò ad interessarsi della produzione di elettricità.

In un suo diario, intitolato “Sogni”, sotto la data del 10 gennaio 1859 scrive di avere trovato il modo di ottenere una corrente continua indotta: è l’invenzione della dinamo.

Aveva pensato ad un anello di ferro, su di un disco di legno sorretto da due perni, con avvolto un filo di rame isolato avente i capi a contatto con spazzole e posto tra i poli di un magnete. Ipotizzò che facendo girare l’anello si doveva generare una forza elettromotrice e alimentando l’anello con una batteria doveva girare, realizzando così un generatore ed un motore.

Il servizio militare come volontario nella Seconda Guerra d’indipendenza lo allontanò dalle sue esperienze sino al 1861, anno in cui conseguì la laurea col Prof. Riccardo Felici, che in quegli anni lavorava alla teoria dell’induzione elettromagnetica con risultati che influenzarono Maxwell e Helmholtz.

Nello stesso anno, col meccanico Poggiali, costruì il suo esemplare di dinamo, ne verificò il funzionamento, ma non lo brevettò.

Fino al 1864 si dedicò a studi di astronomia a Firenze, aiuto di Giovanni Battista Donati, scoprendo anche una cometa (nota come 1862 III) e finalmente nel 1865 in un articolo su Il Nuovo Cimento presentò la sua dinamo, chiamandola ‘macchinetta elettromagnetica’.

Nel 1865 fu chiamato alla cattedra di Fisica a Bologna, presso il neonato Istituto Tecnico, dove rimase sino al 1873 ed ebbe tra i suoi allievi Augusto Righi che in seguito gli succederà sulla cattedra.

Compì un viaggio in Europa per acquistare apparecchiature scientifiche per conto del Ministero della Marina e a Parigi incontrò Demoulin, Direttore delle officine Fremont, sperando di convincerlo ad acquistare i diritti di costruzione della sua invenzione.

Il capoofficina, il belga Z. T. Gramme, si dimostrò molto interessato ai dettagli di funzionamento della ‘macchinetta’ e nel 1869 brevettò una sua ‘dinamo’, molto simile a quella di Pacinotti, iniziandone la produzione industriale nel 1871.

Pacinotti protestò energicamente e inviò una lettera all’Accademia delle Scienze di Parigi, senza però ottenere il riconoscimento dei diritti di priorità.

Nel 1873 ottenne un incarico a Cagliari, dove portò alcuni strumenti e costruì esemplari della dinamo che ora sono al Museo di Fisica dell’Università; nel 1881 si trasferì a Pisa, succedendo al padre Luigi sulla cattedra di Fisica Tecnologica.

Nel 1883 fu colpito da tragedie famigliari, perse la moglie diciannovenne e il primo figlio.

Venne eletto socio dell’Accademia dei Lincei nel 1883 e della Società dei XL nel 1888, mentre nel 1905 venne nominato Senatore del Regno. Fu poi presidente onorario della Associazione Elettrotecnica Italiana e alla Esposizione del 1911, indetta per celebrare il 50° del Regno d’Italia, gli furono tributati grandi onori.

La priorità nell’invenzione dell’anello gli venne riconosciuta però solo dopo la morte, all’Esposizione universale di Chicago del 1933 e nel 1934 ad un congresso degli scienziati elettrotecnici, in occasione del 75° anniversario della sua idea.

L’ingente collezione di documenti, carte e strumenti, dei Pacinotti padre e figlio, accumulata negli ottanta anni nei quali ressero la cattedra alla Scuola di Ingegneria di Pisa, è stata catalogata e ordinata da Giovanni Polvani, Direttore dell’Istituto di Fisica dal 1927 nell’“Archivio Pacinotti” conservato oggi dalla fondazione Galileo Galilei (http://www.fondazionegalileogalilei.it/fondo_pacinotti/fondo_pacinotti.html).